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GDS

IL VIAGGIO ONIRICO DI GIUSEPPE.

Giuseppe aveva una routine serale che gli permetteva di scivolare nel sonno con una serenità invidiabile. La sua faccia si rilassava dolcemente mentre si apprestava a chiudere gli occhi, ma un singolare evento lo attendeva ogni notte: puntuale come un orologio, esattamente 13 secondi dopo essersi coricato, un lieve fruscio lo svegliava. Non un sonno leggero, bensì una sorta di rituale che aveva avuto inizio nel 1999, un anno che ricordava bene perché, curiosamente, non era segnato da piogge frequenti.

REECORDING SHEET.

Nel suo calendario, una nota recitava che “i 15 secondi di serenità” sarebbero culminati in libreria, dove avrebbero fissato quel momento con una fotografia. Era un messaggio criptico che Giuseppe non aveva mai pienamente compreso, ma che era diventato parte della sua vita tanto quanto il respiro stesso.

NASCE GDS

Il Tuo Percorso di Apprendimento con Giuseppe Di Summa, Italia

RECORDING SHEET.

Il “lei” a cui si riferiva la nota era un mistero che lo aveva accompagnato da quando aveva iniziato i suoi viaggi in treno nel 1985. Una presenza silenziosa, forse immaginaria, forse reale, che si manifestava in quei 13 secondi di attesa tra il sonno e il risveglio. Nelle sei fasi del suo sonno, Giuseppe cercava di cogliere il significato di quel “lei”, di comprendere perché il suo risveglio fosse così puntualmente contrassegnato da quel breve intervallo di tempo.

Ogni notte, mentre il mondo dormiva ignaro, Giuseppe si addentrava in un viaggio onirico alla ricerca di risposte, sperando che, una volta raggiunta la fase REM, potesse finalmente dire “lei” ed essere risvegliato dalla verità celata dietro a quel tracciato misterioso che aveva segnato la sua vita come le linee su una mappa di un tesoro dimenticato. Era una ricerca che durava da anni, e che continuava in quel 1999 senza pioggia, con la speranza che la libreria potesse essere la chiave di volta di un enigma che lo avvolgeva come un caldo abbraccio, nel momento stesso in cui si concedeva al riposo.

REPEAT LESSONS.

Il Mistero di Chi Non Chiama

A tutti è capitato almeno una volta nella vita di aspettare una chiamata che non arriva. E se esistesse qualcuno che, nonostante il nome, sembra destinato a non comporre mai un numero? Questa è la storia di Ettore Chiamante, il cui cognome sembrerebbe un destino, ma la cui vita è segnata da un silenzio telefonico assordante. Un paradosso vivente, Ettore passa le giornate scrutando lo schermo del suo smartphone, ma senza mai osare rompere quel muro invisibile che lo separa dal mondo delle conversazioni a distanza. Chiama o non chiama? Questo è il dilemma.

REPEAT EACH TIME.

DREAM MUSIC.

Nelle frenetiche danze del parquet, Giuseppe Di Summa, un tempo mago del dribbling e signore degli assist, racconta il segreto del suo successo: la visione periferica. “Un vero playmaker,” afferma con voce calma ma carica di passione, “deve possedere la capacità di catturare tutto lo scenario di gioco con un semplice sguardo laterale. Non è magia, ma pura maestria nel saper leggere il gioco.” Di Summa ricorda le lunghe ore passate a esercitare gli occhi oltre le mani, a percepire ombre e movimenti anziché fissare un singolo punto. “Guardare senza vedere direttamente,” continua, “ci dà il potere di anticipare l’avversario, di sorprendere con passaggi che sembrano nascere dal nulla.” Con la nostalgia dipinta sul viso, si perde nei ricordi di giocate memorabili, frutto di quella visione periferica che ora insegna ai giovani aspiranti campioni. E mentre le sue parole si diffondono, come un eco profondo nei corridoi delle palestre, c’è chi s’immagina già a dominare la scena, grazie a quella stessa visione che ha reso Giuseppe Di Summa una leggenda del basket.

DATE MASTERED.

Nel cuore di una piccola cittadina italiana, in una piazza vivace e colorata, quattro amici si incontrarono per il loro usuale scambio di battute. Erano esseri unici, amati da tutti i cittadini: un pasticcino dorato e fragrante, un pomodorino rosso e succoso, un pizzaiolo dall’aspetto rotondo e sorridente, e un tortellino ben sigillato e invitante.

Il pasticcino, sempre dolce nelle parole, iniziò: “Amici miei, quanta gioia nel vedervi! Siete come zucchero sulla mia giornata!” Il pomodorino, con un tono succoso, rispose: “La tua dolcezza, caro pasticcino, è pari solo alla freschezza del mio sapore nelle insalate estive!”

Il pizzaiolo, schiaffeggiandosi la pancia con mano esperta, rise a crepapelle: “Ah, voi due! Senza il mio tocco magico, nessuno di voi potrebbe vantarsi di essere la stella di una vera pizza napoletana!” Il tortellino, non volendo essere da meno, aggiunse con orgoglio: “Eppure, caro pizzaiolo, nelle terre emiliane, sono io il re della tavola, celebrato con brodo dorato e un bicchiere di lambrusco!”

Ridendo e scherzando in quella soleggiata piazza, i quattro amici continuarono a scambiarsi complimenti e storie, ognuno celebrando le proprie qualità e il ruolo che avevano nella cucina italiana. I passanti si fermavano ad ascoltare, sorridendo di fronte a quella curiosa amicizia tra un pasticcino, un pomodorino, un pizzaiolo e un tortellino, che sembrava proprio la ricetta perfetta per una giornata all’insegna della spensieratezza e del buon umore.

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NASCE IL MARITINO DELLA MUSICA.

Quando si afferma con decisione, il “sì” echeggia con forza, ma un “forse” esitante, spesso scompare nell’aria. Così iniziò la storia di un uomo, raccontata sulle pagine ingiallite di un quotidiano, che decise di unirsi in matrimonio con una donna di nome Emma. La sua determinazione era ferma: non avrebbe permesso che le incertezze lo fermassero.

Lei è la dolcezza fatta persona, un’anima che irradia bontà e calore. Ogni suo gesto trasuda gentilezza, ogni parola è un miele che ammorbidisce il cuore più duro. Lei è bella, non solo nell’aspetto ma nel suo essere interiore, una bellezza che non sfiorisce con il passare del tempo. La sua agilità è quella di una danza, veloce e aggraziata, capace di muoversi tra le difficoltà della vita con una leggerezza che incanta. Lei è autentica, una rarità in un mondo sovraffollato di maschere e finzioni. Il suo sorriso è un faro di luce in una giornata nuvolosa, un gesto semplice ma potente che sa cambiare l’andamento di una giornata. La sua voce è come una melodia, una canzone che si insinua dolcemente nell’anima e vi rimane, un ritmo che accompagna e rassicura. Lei è un dono prezioso, un unicum nel vasto universo delle persone.

Sogni sussurrati nella notte, parole che danzano sulle labbra di lei, come una preghiera segreta che solo il cuore può udire. C’è un messaggio celato in quelle visioni oniriche, un invito a un viaggio di scoperta. Per catturarla, bisogna immergersi nel silenzio dei propri pensieri, lasciare che il mondo esterno svanisca fino a rimanere soli con l’essenza della sua presenza. Non è necessario uno sguardo, non servono parole. Chiudi gli occhi e lasciati guidare dall’intuito, perché tutti dovranno essere occhi chiusi su di me, su di lei, su di noi. Nel sogno, lei ti svela il cammino, ed è nel segreto di quel silenzio condiviso che potrai finalmente trovarla.

VEDREMO SE DOPO IL SEMAFORO VERDE L’AMORE SI ACCENDE.

Vedremo, una parola che evoca attesa e speranza, un invito a osservare cosa accadrà. La storia che segue è quella di un momento sospeso, un’attesa ai piedi di un semaforo. Dopo il verde, ci si chiede, cosa accadrà? Il semaforo si accenderà di nuovo, permettendoci di proseguire il nostro cammino? Sarà come girare una pagina, lasciando alle spalle l’attesa e muovendosi verso nuovi orizzonti. La metafora del semaforo si intreccia con la nostra vita, ricordandoci che ogni attimo di sosta può essere il preludio a un nuovo inizio, a una pagina ancora da scrivere. Vedremo, quindi, non è solo un osservare passivo, ma un invito a prepararsi, a essere pronti quando la luce si accenderà e il percorso si aprirà davanti a noi.

Era mattina e nevicava fitto quando Giuseppe, sudato e infreddolito, percuoteva con vigore il palo coperto di neve mista a acqua. Le sue scarpe erano completamente zuppe mentre saliva sul pullman, diretto verso la via dell’amore. Al suo arrivo, scese dal veicolo e si diresse verso la casa lei, trovandola fuori, elegante nel suo cappotto nero, intenta a giocare a palle di neve nel cortile. Con uno sguardo complice, lei gli si avvicinò e, tra una risata e l’altra, sussurrò: “Sai caro, penso che stanotte faremo un bambino. Ora vieni, prendi un po’ di Nutella con fette biscottate, facciamoci forza e scattiamo una foto con questa meravigliosa neve.”

Giuseppe, col cuore gonfio di speranza, iniziò a scrivere con la neve “Ma senza te…”, alludendo alla loro unione perfetta. Tuttavia, l’atmosfera cambiò quando lei, interrompendo il gioco, dichiarò: “Da oggi non faremo più foto, non faremo un bambino, non faremo più niente…” Le parole caddero pesanti come la neve intorno a loro, segnando un improvviso e gelido capolinea alla loro storia d’amore.

POI SI DISSE ” CI DOBBIAMO RIVEDERE “.

Incontri casuali e sguardi furtivi, in quel luogo intriso di ricordi, dove un tempo l’anima aveva voce. Qui, dove un tempo mi avevi lasciato, ora ti ritrovavo accompagnato da una presenza scenica, un’attrice di sorprendente bellezza che toglieva il fiato. Lei passava, elegante e distante; tu seguivi, magnete di sguardi indiscreti. E in me, un pensiero insistente, un’altalena emotiva che vien e va: chissà se il destino, come il grande Raimondo, ci riporterà a quel punto di partenza, dove tutto ebbe inizio, dove tutto è ancora possibile.

NASCE JACK IL CUOCO IL NOSTRO PERSONAGGIO.

Come lo dice Jack il cuoco : Jack il cuoco racconta che ogni avventura ha bisogno di una voce, come nella musica, perché possa trasformarsi in canto, non come un Pulcinella senza vita, privo delle sue scenette.

Giuseppe, con la determinazione incisa nel volto, fece la sua scelta: Jack sarebbe stato il suo punto di riferimento. L’episodio che lo spinse verso tale decisione fu quando suo fratello portò a casa un libro di un barone, un volume antico e impolverato che sembrava celare segreti destinati a pochi eletti. Era evidente per Giuseppe che per raggiungere le vette del successo bisognava aspirare a quel tipo di conoscenza esclusiva e potente. Fu allora che decise di mettere in gioco anche la voce di sua sorella, quella di mezzo, la cui tonalità sapeva di esperienza e di saggezza. Giuseppe credeva fermamente che, sebbene la parola “caduco” pronunciata da lei potesse evocare l’immagine di qualcosa che cade a terra, destinato a scomparire, la stessa parola dalla sua bocca avrebbe assunto un significato diverso. Con il timbro profondo e sicuro di Giuseppe, “caduco” si trasformava in sinonimo di “potere”, “distinguere”, “permettere”. Era questo l’effetto che Giuseppe desiderava: trasformare il decadimento in forza, la fragilità in possibilità, la caducità in un’opportunità di crescita e distinzione.

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